I nuovi reati di morte e lesioni personali gravi o gravissime cagionate per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro: tutela rafforzata necessaria?

Prende spunto dalla normativa sul reato di omicidio stradale introdotto con Legge del 23 marzo 2016 n. 41 e dai recenti e allarmanti dati pubblicati dall’INAIL riguardanti i numerosi infortuni e decessi sul lavoro, il Disegno Di Legge n. 2909 presentato il 24 febbraio 2021 alla Camera dei deputati, che – inserendosi nel contesto del D.Lgs. n.81 del 2008 sulla sicurezza dei lavoratori – propone di introdurre nel Codice penale i nuovi delitti di morte e lesioni personali gravi o gravissime cagionate per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Si tratta di una proposta di legge volta ad una “punizione più severa nei confronti di chi sul lavoro cagiona la morte di vittime innocenti, per distrazione, disinteresse, o peggio per un’assoluta non curanza delle normative sulla sicurezza, dimostrando di dare la precedenza ad altri interessi e valori rispetto alla tutela massima della vita umana in ogni sua manifestazione sociale.”

È evidente che, pur riconoscendo l’importanza che il Legislatore ha conferito alla tematica, già con l’inasprimento delle pene nell’ambito della Legge n. 125/2008 rubricata “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, gli autori della proposta di legge abbiano ritenuto ancora insufficiente la disciplina vigente.

L’art. 1 del DDL in commento, in ossequio al principio di tassatività proprio del diritto penale, propone le medesime definizioni di lavoratore e datore di lavoro come previste e descritte dall’art. 2 comma 1 lett. a) e b) del Testo Unico n. 81 del 2008.

In entrambi casi viene, peraltro, confermato il principio sussidiario generale in virtù del quale nell’eventualità non sia chiaramente individuabile un datore di lavoro, quest’ultimo coinciderà con l’organo di vertice dell’organizzazione ove opera il lavoratore.

Gli articoli 2 e 3 introducono rispettivamente le nuove fattispecie di reato “Morte cagionata per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” di cui all’art. 589-quater c.p. e “Lesioni personali colpose gravi o gravissime cagionate per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” di cui all’art. 590-septies c.p., attribuendo così autonoma rilevanza penale ad una serie di condotte in materia di sicurezza sul lavoro e distinguendole in base al grado della colpa.

In particolare, ai sensi dell’art. 589 quater c.p. (art. 2 comma 1 DDL) è punito con la reclusione da tre a sette anni l’omicidio commesso in violazione delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (comma 1), l’art. 590septies c.p. (art. 3 comma 2 DDL), invece, punisce chiunque cagioni lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime con la reclusione da 3 mesi a 1 anno se gravi, da 1 a 3 anni se gravissime.

A ben vedere, si tratta in sostanza delle ipotesi base già punite dall’art. 589 c.p. comma 2 c.p. e dall’art. 590 comma 3 c.p. con l’unica differenza – nell’ottica di un inasprimento del trattamento sanzionatorio – di un aumento, per entrambe, della cornice edittale.

Inoltre, sono state introdotte delle specifiche aggravanti in entrambe le fattispecie colpose nell’ipotesi di responsabilità della persona giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 e nel caso in cui il datore sia privo di assicurazione sugli infortuni sul lavoro.

Sennonché, intese come indice di disinteresse ingiustificabile per la sicurezza dei lavoratori vengono altresì severamente punite le ipotesi di morte o lesioni derivanti dalla mancanza della valutazione dei rischi nonché dall’assenza della figura che di tali rischi e situazioni deve essere vigile osservatore (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi), tale da poter configurare anche diverse valutazioni dal punto di vista soggettivo del reato quali colpa cosciente o dolo eventuale.

Sembra utile evidenziare che a parte la fattispecie prevista dall’art. 589quater e 590septies al comma 2 e al comma 6 circa l’aggravante per la mancanza dell’assicurazione, ove è possibile discorrere di reato proprio del datore di lavoro, tutte le altre fattispecie sono applicabili a “chiunque” abbia cagionato l’infortunio con ciò richiamandosi alla copiosa giurisprudenza anche di legittimità in tema di responsabilità solidale delle diverse figure individuate nell’ambito della sicurezza sul lavoro.

L’unico elemento di novità nella proposta di legge in esame è l’introduzione ex novo di due fattispecie specifiche di reato nell’eventualità che l’omicidio e/o le lesioni gravi e gravissime sul lavoro siano state compiute in concorso con la nuova figura di reato prevista dall’art. 603 bis c.p. di sfruttamento sul lavoro.

Orbene, attesa l’identità non solo delle definizioni di datore di lavoro e lavoratore, previste già nel D.Lgs. n.81/2008 e nella nuova proposta di legge, delimitanti la tipicità delle fattispecie ma altresì la coincidenza degli elementi costitutivi del reato – tanto sotto il profilo oggettivo della condotta, quanto sotto il profilo soggettivo – tra i nuovi delitti colposi e quelli già previsti agli artt. 589 comma 2 e 590 comma 3 c.p., viene da interrogarsi sulla necessità di introdurre due nuove ipotesi di reato in un sistema penale che, come poc’anzi accennato, già prevede un inasprimento della risposta sanzionatoria per le specifiche ipotesi di morte e/o lesioni cagionate dall’inosservanza sulla normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, accanto alle quali si colloca la rete sanzionatoria già tracciata dal  Decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, improntato a “premiare” l’adempimento delle prescrizioni ivi contenute e a “scoraggiare” il loro inadempimento, prevedendo accanto ai delitti contemplati dal codice penale, specifiche ipotesi contravvenzionali.

La genesi di una norma penale, invero, in considerazione degli interessi generali in gioco coinvolgenti i valori fondamentali della persona, non può né dovrebbe essere frutto di influenze populiste o di meri dati statistici, i quali non possono certamente fornire elementi utili al fondamento sostanziale di una incriminazione.

In altri termini, l’introduzione di fattispecie penali, richiede un’attenta ponderazione degli interessi in gioco e un’accurata analisi criminologica, oltreché un elevato grado di razionalità nella graduazione delle sanzioni in relazione alla gravità di un comportamento antigiuridico.

Dunque, il ricorso allo strumento penale, in virtù degli effetti che esplica sulla sfera del singolo, coinvolgendone la libertà personale, non può non costituire l’extrema ratio, intervenendo solo qualora le altre tecniche di tutela previste nell’ordinamento giuridico non siano sufficienti e adeguate alla protezione del bene giuridico che la norma mira a tutelare.

Sembra, infatti, singolare che l’intento della proposta di legge in esame sia quello di fornire una “tutela rafforzata” per i delitti di morte e lesioni gravi e gravissime cagionate per inosservanza delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, non attraverso la previsione a monte di misure eventualmente più efficaci per prevenire i predetti eventi, ma proponendo esclusivamente una risposta punitiva maggiormente severa per ipotesi di reato già previste e punite (con relativo aggravio di pena) dall’ordinamento giuridico, in spregio alla necessità di un diritto penale proprio di uno Stato di diritto che, incidendo  sui diritti di libertà del singolo, per come garantiti dalla Carta Costituzionale, dovrebbe essere razionale, minimo ed effettivo.

Pertanto, una tale proliferazioni di reati, i cui elementi sono già previsti e puniti dal sistema penale, soprattutto in considerazione delle pene eccessive e sproporzionate comminate per i reati oggetto della proposta di legge, conduce al rischio di un’elusione della funzione propria della sanzione penale, suscitando da una parte – nell’ottica di prevenzione generale – sentimenti di insofferenza nell’agente ma, soprattutto, alterando nei consociati la percezione di una corretta scala di valori che dovrebbe rinvenire equilibrio tra fatto e risposta punitiva; nonché, sotto il profilo di prevenzione speciale, fondata sulla finalità rieducativa della pena, l’inasprimento del sistema sanzionatorio mediante l’introduzione di nuove ipotesi di reato, potrebbe condurre alla errata percezione da parte del destinatario di una sanzione giusta e proporzionale al disvalore penale della propria condotta.

Ad ogni modo è indiscutibile che, oggi, la prassi della legiferazione ha intrapreso metodi sollecitati non solo da bisogni contingenti ma da fondamenti ideologici che pongono in pericolo la finalità propria del diritto penale.

In tal senso lo Stato interviene in maniera sovrabbondante, disciplinando fatti già oggetto di incriminazione, al solo fine di esercitare una potestà di repressione dei reati in un’ottica squisitamente ed esclusivamente punitiva.

 

Martina Pace

Lawyer

Studio legale Napoletano &Partner 

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