LA TUTELA DELL’AMBIENTE E’ UN PRINCIPIO FONDAMENTALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

La rilevanza giuridica dell’ambiente e la sua tutela, a lungo ignorata dalla dottrina penalistica italiana, è divenuto, soltanto nell’ultimo tempo, di estrema attualità: l’8 febbraio 2022, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge costituzionale che prevede così l’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. In particolare, la riforma interviene su due articoli: l’art. 9, che tra i “principi fondamentali” della Repubblica adesso riconosce anche la “tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”; e l’art. 41, che nel regolamentare l’iniziativa economica privata riconosce che questa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Ebbene, si tratta di una riforma epocale e tanto attesa, specie da cultori della materia che da anni lamentano la carenza di espresso riconoscimento costituzionale di un bene che, mai come in questo momento storico, è centrale nelle politiche ecologiche di transizione generazionale di un intero continente.

Sino ad oggi, infatti, la tutela penale dell’ambiente era affidata a diverse leggi speciali, ciascuna delle quali volta a reprimere fenomeni di minaccia degli elementi essenziali dell’ambiente, come ad esempio l’acqua, l’aria e il suolo; solamente con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. codice ambientale), il legislatore ha fornito dei riferimenti all’ambiente, senza fissare, però, una nozione generale del termine. In primo luogo, l’art. 5, co. 1, lett. c), nel definire il concetto di “impatto ambientale”, precisa che l’ambiente deve essere inteso «come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti»; in secondo luogo, l’art. 300, co. 1, fornisce, seppur in modo indiretto, una definizione del termine ambiente attraverso quella di “danno ambientale”, inteso come «qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima».

Soltanto grazie all’elaborazione giurisprudenziale dell’ultimo ventennio si è riconosciuto l’ambiente come bene strumentale per la protezione del bene salute quale diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività ex art. 32 della Costituzione. Nello specifico, si fa riferimento ai principi contenuti negli artt. 2, 9 e 32 della Costituzione: dal combinato disposto degli artt. 2 e 9 si ricava una tutela oggettiva del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione, la cui interpretazione ha subìto un’evoluzione notevole nel corso degli anni. Sin dagli anni Ottanta, infatti, il concetto di paesaggio ha assunto una connotazione più ampia, riferendosi ad ogni preesistenza naturale, all’interno del territorio, alla flora, alla fauna, in quanto concorrono a costituire l’ambiente in cui vive e agisce l’uomo.

In base a questi assunti di matrice costituzionale, i giudici hanno tentato di definire l’ambiente come bene immateriale unitario, sebbene costituito da diverse componenti, oggetto meritevole di cura e di tutela. Ogni singola componente può costituire separatamente o isolatamente l’ambiente, ma ciascuna di essa è riconducibile a un’unica unità. Il fatto che l’ambiente possa essere disponibile in varie forme e diversi modi non fa venir meno la sua natura e la sua sostanza di bene unitario. L’ambiente è protetto in quanto elemento determinativo della qualità della vita.

Con una fondamentale pronuncia, la Corte costituzionale (Sent. n. 378 del 5 novembre 2007) osservava che «quando si guarda all’ambiente come ad una “materia” di riparto della competenza legislativa tra Stato e Regioni, è necessario tener presente che si tratta di un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti». Il ricorrente riferimento, nel lessico impiegato dalla Corte nella sentenza in commento, ad espressioni quali “materia”, “bene materiale” o a quella, ben nota alla dottrina amministrativistica, di “bene della vita”, in parte a scapito di espressioni quali “valore” o “materia trasversale”, che in precedenza figuravano nelle ricostruzioni della Consulta, sembra esprimere la tendenza al voler “oggettivare” la dimensione ambientale, conferendo alla stessa margini di maggior certezza applicativa a partire dalla dialettica costituzionale tra Stato e Regioni.

Chiarito dunque che l’ambiente è, anche, “qualche cosa che si tocca”, la Consulta si trova di seguito ad affrontare un ulteriore non lieve aspetto problematico, quello legato all’identificazione della oggettiva consistenza della nozione ambientale. La nozione presentata, oltre ad offrire una ricostruzione unitaria dell’ambiente e a prospettare un certo superamento di concezioni accentuatamente antropocentriche, legate alla definizione di ambiente come insieme di beni giuridici o di mere risorse, ha avuto il pregio di aderire all’impronta segnata in occasione della Conferenza di Stoccolma del 1972. La Corte Costituzionale coglie, infatti, lo spirito della Dichiarazione di Stoccolma che, nella parte dedicata ai principi, raccomanda la «salvaguardia delle risorse naturali della Terra, ivi incluse l’aria, l’acqua, la flora, la fauna e particolarmente il sistema ecologico naturale». L’ambiente, quindi, concepito come condizione di vita per l’uomo, come sistema complessivo la cui tutela reclama, per evidenti ragioni, forme di intervento più ampie. Quel che sembra leggersi nelle parole della Corte è l’idea in base alla quale è la stessa “consistenza ontologica” dell’ambiente ad impedire di distinguere e parcellizzare le forme di tutela dello stesso nei rivoli delle diverse legislazioni regionali: «occorre, in altri termini, guardare all’ambiente come “sistema”, considerato cioè nel suo aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto»; «ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l’ambiente come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto». La “materializzazione” dell’ambiente si coglie, infine, nel chiarissimo riferimento operato dalla Corte agli approdi internazionali ricordati, laddove si osserva che «oggetto di tutela, come si evince anche dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, è la biosfera, che viene presa in considerazione, non solo per le sue varie componenti, ma anche per le interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualità, la circolazione dei loro elementi, e così via».

Tutto ciò ricostruito, è proprio sulla scia degli interventi della giurisprudenza costituzionale e di legittimità dell’ultimo ventennio che si colloca la recente modifica costituzionale. Questa, infatti, ha il merito indiscusso, innanzitutto, di recepire un concetto di “ambiente” in senso ampio: comprensivo anche della “biodiversità” e degli “ecosistemi”, in tal modo mostrando un efficace coordinamento con l’oggetto di tutela specifica anche delle nuove fattispecie penali incriminatrici introdotte nel codice penale con Legge n. 68/2015; ma il vero pregio è di aver elevato questi beni a “principi fondamentali” della Repubblica italiana. L’inserimento è rilevante perché, nell’ottica del c.d. bilanciamento di interessi contrapposti, tra l’iniziativa economica privata (art. 41) – che, letta nel comparto industriale, un impatto sull’ambiente, seppur minimo è inevitabile e tollerato dall’Ente pubblico con il rilascio di un’autorizzazione ambientale all’esercizio nel rispetto di limiti e prescrizioni – e la tutela della salute, dell’ambiente, della sicurezza (art. 9), quest’ultimo prevarrà per ordine gerarchico delle fonti: l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza.

Enrico Napoletano

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