Prescrizione del reato: con il “Lodo Conte Bis”​ nessun cittadino italiano è uguale davanti alla legge

In queste ore si è riacceso il dibattito politico sulla riforma della prescrizione. Il deputato LeU, Federico Conte, ha presentato un testo di correttivo della Riforma Bonafede, ribattezzata “lodo Conte bis”, che parrebbe risolvere momentaneamente le frizioni tra il mondo dell’Avvocatura e della Magistratura, da una parte, e il mondo politico, dall’altra. 

Il lodo Conte bis altro non fa se non introdurre un trattamento differente a seconda che, ad esito del primo grado di giudizio, l’imputato sia stato condannato o assolto: nel primo caso, il timer della prescrizione si interrompe, mentre, nel secondo caso, il timer continua a decorrere; ove poi, ad esito del secondo grado di giudizio (l’Appello), il condannato venga assolto, il termine di prescrizione del reato tornerà a decorrere con effetto retroattivo al momento della sua sospensione, mentre se la condanna di primo grado sarà confermata, allora, anche il timer della prescrizione resterà fermo. 

Insomma, lo stop della prescrizione varrà solo per i condannati in primo grado. 

Questa è l’ennesima violenza proposta ai valori sanciti nella nostra carta costituzionale dove – lo ricordiamo per i non addetti ai valori – il nostro è un sistema penalistico orientato alla tutela dei beni giuridici fondamentali dichiarati nella Costituzione italiana.

Sorprendono, allora, le dichiarazioni del Presidente emerito della Consulta, il Prof. Valerio Onida, il quale, alla domanda se ravvisa profili di incostituzionalità al differente trattamento tra assolti e condannati per l’effetto del meccanismo descritto nel Lodo Conte bis, risponde che “non ce ne sono”; e prosegue: “anche se il diritto alla durata ragionevole del processo (ma prima ancora ad un giusto processo) c’è sempre, altra è la posizione di chi, assolto, deve attendere, per vedere consolidata l’assoluzione, che si esauriscano i procedimenti messi in moto dai ricorsi del Pubblico Ministero, altra quella di chi, già condannato, ha interesse soprattutto a vedere riesaminata in meglio la sua posizione esperendo tutti i ricorsi, e anche, se del caso, rinunciando alla prescrizione, ciò che nel nostro ordinamento è sempre ammesso.” (“Il lodo Conte bis sulla prescrizione è una fortissima attenuazione della riforma Bonafede”, di F. Olivo, in www.huffingtonpost.it, 07/02/20). 

Pensare che, invece, ero convinto che l’art. 3 della Costituzione stabilisse che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”

Non si finisce mai di imparare. 

Dunque, il cittadino italiano che viene condannato ad esito del primo grado di giudizio con sentenza non definitiva, si vede privato dell’ulteriore decorso del termine della prescrizione del reato da lui presumibilmente commesso perché ritenuto da questa politica “diverso” di fronte alla Legge italiana dal cittadino che, invece, ottiene una sentenza di assoluzione che, invece, continua a beneficiare del corso del tempo necessario a prescrivere; ma in cosa l’assolto sarebbe diverso dal condannato? Se questa è la chiave di lettura politica, allora, la diversità altro non la si vuol far risiede nel riconoscimento che l’assolto è considerato “innocente fino a condanna definitiva” (art. 27, comma 2 Cost.) – per ciò meritevole di vedere sospesa la prescrizione – mentre, invece, il condannato è considerato “colpevole fino ad assoluzione definitiva” – per ciò già meritevole di punizione e quindi immeritevole del beneficio sospensivo dei tempi prescrittivi – ; eppure, a mente dell’art. 593, comma 2, anche l’assolto in primo grado potrebbe ancora trasformarsi in colpevole in appello.

La proposta così condivisa da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e LeU è forse, dunque, il progetto più offensivo e incostituzionale che fino ad oggi si sia letto perché introduce un’aberrante disparità di trattamento sia sul piano processuale sia sul piano sanzionatorio tra tutti i cittadini che, piaccia o no, sono tutti presunti innocenti fino alla sentenza di condanna passata in giudicato. 

I valori costituzionali non possono essere così violentati. 

Italia Viva – se davvero crede nell’identità del proprio nome – non può non difendere questi principi e lottare per una Riforma costituzionalmente accettata del sistema penale.

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