Transizione energetica: Biden, un anno dopo. Fare i conti con la realtà.

È passato un anno da quando il 20 gennaio 2021, il Presidente statunitense Biden annunciava nel suo discorso di insediamento un piano economico e di transizione energetica senza eguali nella storia mondiale che prevedeva il taglio delle emissioni del 50% entro il 2030, aree forestali più estese e nucleare senza emissioni per salvare la Terra dal surriscaldamento e rispettare, in tal modo, gli obblighi dell’Accordo di Parigi e allineando gli Stati Uniti agli stessi obiettivi posti dall’Unione Europea.

Biden si è presentato al mondo così, avvertendo che resta “poco tempo” per ridurre le emissioni prodotte dai carburanti fossili («una minaccia esistenziale per l’umanità») ed assicurando che Washington sta rispondendo «con i fatti e non solo a parole».

Ma è realmente così?

In queste parole non mancano contraddizioni e punti interrogativi: Biden, infatti, ha anche chiesto all’OPEC di pompare più petrolio e gas per arrestare la corsa dei prezzi dell’energia; la benzina negli Stati Uniti è arrivata a costare 4 dollari al gallone, mentre le bollette per il riscaldamento sono raddoppiate, in misura inversamente proporzionale al tasso di popolarità dell’inquilino della Casa Bianca.

«Sembra un’ironia ma la verità è che non possiamo passare alle rinnovabili dal giorno alla notte. Non abbiamo mai detto che quest’anno o il prossimo avremmo rinunciato al petrolio e al gas. Faremo comunque grossi cambiamenti, non daremo più sussidi ai carburanti fossili», ha spiegato il presidente, ammettendo, forse per la prima volta, come la transizione energetica non sia un percorso semplice come spesso viene descritto. Biden ha fatto della campagna verde un messaggio permanente della sua politica e del climate change la sfida su cui misurare il suo operato. All’indomani dell’insediamento ha annunciato di voler modificare il paradigma di base dell’economia americana, bloccato l’oleodotto Keystone, vietato la vendita di nuove licenze (circa un quarto dei gas serra statunitense proviene dall’estrazione sul suolo pubblico), ma il suo piano per il clima e il welfare da 1.750 miliardi di dollari (“Build Back Better”) mantiene i sussidi all’industria del greggio, stimati in circa 20 miliardi di dollari all’anno, pur prevedendo incentivi per oltre 500 miliardi per le energie pulite.

Dopo la campagna elettorale, spente le luci dei festeggiamenti per la vittoria contro l’odiato Trump, è arrivato il duro confronto con la realtà: «La classe media americana deve poter raggiungere il posto di lavoro, deve possedere un’auto, deve portare i figli a scuola. Non ci sono alternative, non è realistico pensare di poter rinunciare alle vetture a benzina».

E così, pochi giorni dopo il rientro dalla COP26, il governo americano ha disposto la più imponente vendita di licenze per l’esplorazione del Golfo del Messico mettendo all’asta 80 milioni di acri federali. Un recente rapporto dell’International Energy Agency segnala che dovrebbero essere bloccate tutte le nuove esplorazioni se si vuole contenere l’aumento della temperatura entro 1,5° rispetto ai livelli preindustriali. Così i sostenitori di Biden sono diventati i suoi critici, la campagna presidenziale si è trasformata in boomerang: «Siamo in piena crisi climatica, non è ammissibile che la mano destra faccia una cosa diversa dalla sinistra, non è credibile sostenere di lavorare per gli 1,5 gradi e poi chiedere di aumentare la produzione di petrolio», ha osservato Jennifer Morgan, portavoce di Greenpeace International.

Il presidente vorrebbe fare del “Build Back Better” il suo lasciato all’umanità, quello che l’Obamacare fu per Obama. Sono previsti sgravi per le famiglie che riducono del 50% il costo dell’installazione dei pannelli solari sulle case, gli incentivi che scontano di 12.500 dollari il costo delle auto elettriche, il Clean Energy and Sustainability Accelerator per la produzione di energia pulita, la creazione del Civilian Climate Corps (oltre 300.000 volontari per il clima).

Almeno sulla carta un piano senza eguali non solo nel panorama americano, ma a livello mondiale. L’altra faccia della medaglia, però, si chiama realtà e spesso stride con i proclami green, con la realtà economica e con una crisi pandemica lontana dal dirsi finita. Il presidente Biden alla fine porterà a casa il suo risultato e il piano di ricostruzione, ma quali saranno realmente i risultati che verranno conseguiti?

Enrico Napoletano

Simone Spinelli

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